domenica 16 marzo 2025

Riflessione personale su La vergine Malvina

Una parola letta di sfuggita, quasi distrattamente, torre, si è inaspettatamente insinuata nei miei pensieri richiamando qualcosa di dimenticato. Ci sono voluti alcuni giorni prima di capire cosa fosse, prima che una piccola e saggia parte di me mi suggerisse dapprima un’immagine, poi un nome, quindi la storia.
Malvina, ricordati la storia della vergine Malvina, ha sussurrato.
Ed eccola la torre, quella diversa dalle solite, quella che parlava a me. Rileggendo la fiaba dopo tanti anni, ho sentito, e poi ho capito.
La torre nella quale la bella Malvina viene rinchiusa e murata, era in un certo senso ciò in cui una certa situazione mi stava intrappolando, ma al contempo era ciò di cui avevo bisogno. Un luogo di isolamento assoluto, di separazione da ciò che ancora è per me fonte di dolore, depauperazione e disorientamento. Nel racconto, un luogo di chiusura al mondo esterno per la durata di sette anni – tempo simbolico di trasmutazione – poiché è nella torre che avviene l’iniziazione profonda.
La torre di Malvina non è come le altre. È di modesta altezza, quel tanto che basta perché la giovane sia separata dal cielo e dalla terra. Né sopra, né sotto, in mezzo, così come sono nel mezzo certi luoghi e certi momenti in cui non solo avvengono le trasformazioni interiori, ma accade anche la magia. Malvina è sospesa, nel buio, e non può fare altro che lasciare che ciò che deve essere, sia.
Quando però il tempo è trascorso, e nessuno arriva a salvarla dalla prigionia, Malvina non si lascia morire di stenti. È in quel momento che la spinta alla riemersione avviene e la porta a spezzare la catena e, quindi, a scavare fra le pietre fino a quando la breccia si apre e il muro si infrange. Il temperamento di Malvina, a causa del quale viene chiusa nella torre dal padre, non è mutato, al contrario, si è affinato. Perché ora Malvina, dopo la sospensione e l’iniziazione, conosce se stessa, e la sua forza e la sua necessità di libertà non possono essere più domate.
Malvina non è la fanciulla che aspetta che il principe arrivi a salvarla o a svegliarla con un tenero bacio: lei è in grado di liberarsi da sola, con la sua volontà, con le sue forze, e con lei, la sua fedele ancella. Nonostante la prigionia, alla quale si è sottoposta credendo di non avere altra scelta, quando giunge il giusto tempo Malvina si rifiuta di soccombere, reagisce e con coraggio infrange il suo muro.
Eppure, non appena finalmente torna a vedere la luce, scopre che tutto intorno a lei è cambiato. Il regno è devastato, suo padre scomparso, tutt’intorno non vi è anima viva. Ciò che era governato dal potere e dalla prevaricazione è crollato. Malvina è rimasta in piedi, letteralmente in piedi sulle rovine.
Il suo spirito, forgiato nel tempo del buio e dell’isolamento, è integro e presente.
Sarà lei, da adesso in poi, a incarnare la verità oltre all’inganno. E sarà grazie a lei se il principe riconoscerà l’inganno – più volte – e potrà a sua volta evolvere e risvegliarsi.
La verità talvolta appare mascherata solo per mettere alla prova coloro che la incontrano. Sta a loro rendersi capaci di riconoscerla ed eleggerla a vera sposa.

La storia della vergine Malvina è un vero e proprio racconto iniziatico che, a differenza di altri, mostra una donna forte e indipendente, che non ha bisogno del principe per salvarsi, ma sa cavarsela da sola. Non solo, insegna alle altre a fare lo stesso.
Gli insegnamenti di Malvina sono molteplici. Una frase pronunciata da lei rivela la sua profonda onestà e fedeltà a se stessa e alla verità: Non voglio onori che non mi sono dovuti.
Credo siano poche le donne che, in piena coscienza, la pronuncerebbero, di fronte alla possibilità di approfittare di onori non dovuti – o sottratti.
Malvina è dolce e tenace maestra per coloro che vivono l’iniziazione della torre – consapevoli o meno, volenti o nolenti. Insegna a non esserne vittime, ma a viverla come occasione di evoluzione e rinascita. Insegna altresì a non arrendersi e, quando è il momento, a scavare – col cucchiaio o a mani nude – fino ad aprire brecce, e infine a far crollare i muri.
Insegna l’integrità, ovvero a essere oneste con se stesse e con gli altri, e ad essere modelli di sincerità e verità. E ricorda che non è affatto un male saper parlare con le piante, con le strade, addirittura con le porte… forse, è chi non lo fa né lo farebbe mai, poiché seria, adulta e contegnosa, ad essere lontana dalla dimensione del magico, dai suoi doni, e dalle sue entità alleate.
Ad accompagnare e nutrire la bella Malvina, l’umile piantina di ortica. Malvina l’ha mangiata raccogliendola dalla strada, nuda e cruda. Come lei, è genuina e oltremodo combattiva, per poi rivelarsi nutrimento delizioso e amica lungo la via.
Sola soletta, la piccola ortica si fa strada con coraggio, fra la polvere e le macerie. Come la vergine Malvina, che sola emerge dalla torre, fra le rovine, e si rende luce di via per coloro che la cercano, la trovano, e imparano a risvegliare il suo spirito dentro di sé.

***

Ringrazio la torre, quella che parla a me, e la sua dama murata e riemersa. C’è un pizzico di Malvina dentro di me, l’ho sempre sentito.
Resto fra le mie mura, per adesso, separata dal cielo e dalla terra. Apro brecce, e a volte le richiudo, poiché solo di buio e riposo ho ancora bisogno. Lascio che raggi di sole, di luna, di stelle, trafiggano le crepe e mi accarezzino. Nel frattempo, guarisco ogni ombra che ancora fa male, proteggendo invece quelle necessarie e giuste.
Non è più un luogo angusto e scomodo, la mia torre. L’ho resa una piccola dimora sospesa, in penombra, protetta da un bosco di rovi e spine, nella quale stare per tutto il tempo che serve. E se talvolta ne esco, mi dona sicurezza la libertà di potervi rientrare. Per guarire ancora, e trasformare, e rigenerare.
Del resto, nella torre o fuori, il segreto è sempre arrivare a conoscere se stesse, lasciando che questa verità illumini e trionfi su ogni cosa.

***

Questa è la mia torre, questa la storia a cui, come spesso accade, sono stata condotta, perché di lei avevo bisogno: la storia giusta al momento giusto.
Lo spirito della vergine Malvina, e il suo dolce nome – in originale è Maid Maleen, ma amo la sua versione italiana – impresso nel cuore sin dal primo giorno, non mi lasceranno più. Sia così.


***

Illustrazione di Lucia Campinoti.
Riflessione di Laura Violet Rimola. Nessuna parte di questo testo può essere riprodotta in nessun modo e con nessun mezzo senza il permesso dell'autrice.

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