Non tutto è per tutte. Alcune cose arrivano laddove devono arrivare, perché è lì che devono stare. E non importa se vengono raccolte o assorbite da altrə, il loro messaggio originario esiste, vibra e parla solo dove arriva da sé, spontaneamente. Per questo è così importante preservare ciò che arriva, e non tutto può essere condiviso. Specialmente con coloro che non potrebbero capire, e che prendendo qualcosa che in origine non era per loro, ne altererebbero la natura.
Questo insegna un brano – che passa quasi inosservato – della amatissima fiaba La Bella e la Bestia, nella versione narrata da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont.
La Bella, che pur vivendo felice con la Bestia, sente la profonda mancanza di suo padre, dei suoi fratelli e, nonostante le cattiverie, delle sue sorelle, ottiene di poter tornare a casa per otto giorni, al termine dei quali promette alla Bestia di tornare al castello.
Si corica quindi nel sontuoso letto, e al risveglio si ritrova nella sua vecchia stanzetta, dove riabbraccia il padre, che per poco non rimane secco per la contentezza di rivederla.
“Sfogate le prime tenerezze, la Bella pensò che non aveva vestiti per potersi levare, ma la serva le disse di aver trovato nella stanza accanto un gran baule pieno di vestiti, tutti d’oro e ornati di brillanti.
La Bella ringraziò la buona Bestia delle sue attenzioni: scelse fra quei vestiti il meno vistoso e ordinò alla serva di riporre gli altri, dei quali intendeva farne un regalo alle sorelle: ma appena ella ebbe pronunziate queste parole, il baule sparì. Peraltro suo padre avendole detto che la Bestia voleva che ella serbasse per sé ogni cosa, il baule ritornò al suo posto.” (1)
Talvolta il buon cuore e la generosità spingono una bella fanciulla a donare, o a lasciar andare, ciò che era riservato a lei, e a lei soltanto. Quel dono in altre mani può mutarsi in qualcosa di diverso, oppure semplicemente scomparire, specialmente se le mani di chi riceve sono invidiose, perfide o ingrate. La fiaba, come le molte altre nelle quali è presente l’archetipo della Fata, ricorda che non tutto è per tutte. Che ognuna ottiene ciò per cui alacremente lavora, o semplicemente ciò che il suo buon cuore le riserva. Nulla di più, nulla di meno.
Per questo alcune cose che arrivano laddove devono arrivare, se sottratte, o donate, svaniscono. L’incanto si spezza, o meglio, giace sospeso, invisibile, in attesa che colei che l’aveva ricevuto si renda conto che era per lei, proprio per lei, e accogliendolo con gratitudine lo riporti in vita.
Allora il suo messaggio originario ricomincia a esistere, a vibrare e parlare. E la magia torna a brillare…
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Questa riflessione, ispirata dalla fiaba, non è che una mia personale presa di coscienza, e non si riferisce a nessunə in particolare che faccia o abbia fatto parte della mia vita. Ha solo a che vedere con il mio processo di guarigione e rinascita interiore.
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Note:
1. Brano tratto da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, La Bella e la Bestia, in I racconti delle fate, tradotti da Carlo Collodi, Milano, 1976.
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